mercoledì 6 giugno 2012

La Nike


Non appena ho varcato quella soglia, i miei occhi si sono posati su una lux car viola, smagliante. Accanto ad essa, ad attendermi, c’era Jennifer. Non mi aspettavo di vedere proprio lei. Immaginavo che se non ci fosse  stato Brent o Mughain, sarebbe venuto ad accogliermi e a prelevarmi qualcuno di Hall Point. È stato strano vederla lì, ma il viaggio insieme si è rivelato piacevole, com’è sempre la sua compagnia. Quella donna mi è piaciuta subito. È pratica, schietta e diretta. Oltre al fatto che coltiva come me un disprezzo profondo nei confronti di Josephine Leroux. Di nuovo lei tra i miei pensieri. Ed è stata proprio Jennifer a richiamarla alla mia mente, istillandomi il dubbio che tutto ciò che è accaduto in questi giorni, sia soltanto opera sua e che Rachel non rappresenti null’altro che una pedina del suo gioco sadico. D’altronde perché quella psicotica sciocca e sconsiderata avrebbe dovuto volermi incastrare? 

Lo scoprirò e non voglio arrovellarmi il cervello, per ora, nel cercare una risposta che saprebbe comunque di incertezza.

Non avrei mai pensato di avere il desiderio di tornare tra le paratie metalliche di questo skyplex e per un motivo diverso da Mughain. Mi sono sentita osteggiata dalla società di cui ho fatto parte e di cui mi sentivo parte fino a pochi giorni fa. La realtà del Core, l’Alleanza, l’unione, la stessa per cui mio padre si è battuto, è d’un tratto diventata il mio nemico, il mio carnefice. Mi sento improvvisamente estranea ad essa, così come sento per la prima volta che il mio posto è su Hall Point, al fianco di Brent, nel letto di Mughain, con Electra a guardarmi le spalle, respirando l’odore di alcol e fumo che avvolge la figura del dottor Ritter.
La detenzione è stata terribile. Non per le condizioni fisiche. Ma per quelle psicologiche. L’angoscia e l’impotenza cospiravano contro il mio sonno tenendomi sveglia a riflettere sulle conseguenze di una condanna pubblica. Sono macchiata irrimediabilmente. Favoreggiamento. Una parola che mi dà i brividi se solo la scandisco mentalmente e una rabbia cieca mi coglie se ripenso a Rachel, al suo sorriso arrogante sulla sedia dietro il vetro infrangibile della sala adibita alle visite penitenziarie. Sento la sua voce mentre confessa di essere stata delusa dal fatto che non l’abbia denunciata. Folle. Insana. La stanerò, l’ho promesso, a me e a lei. 

“Ogni minuto che passa è un’occasione per rivoluzionare tutto completamente”

Oggi ho fumato una sigaretta assieme a Jennifer. Non ho più motivo di mantenere un’immagine integra e impeccabile. Una statua con una crepa, seppur bellissima, non ha più lo stesso valore. Quell’unica crepa l’avrà per sempre guastata agli occhi altrui che dimenticheranno tutto ciò che è stata prima, soffermandosi sull’incrinatura presente.
Dovrò compiere una scelta: restaurare la statua o distruggerla completamente.

Di una cosa sono rimasta sorpresa io stessa. La quantità di persone che si sono interessate a me. È dolce la soddisfazione di sapere che Wolfe aveva torto. Contrariamente a quanto pensa, si nota anche l’assenza di una donna egoista e immorale come me a quanto pare…

 
 Zoya Vasilyeva. Ha avuto la premura di inviarmi dei doni. Devo vederla.



Nessun commento:

Posta un commento