Quando ho raggiunto Donna Winter su Greenfield, non avevo
idea del perché mi avesse chiesto di farle compagnia. L’ho scoperto dopo pochi
minuti, quando ho posato lo sguardo sul viso di un angelo di sei anni. La prima
cosa che ho pensato scivolando con gli occhi sulla pelle morbida ed arrossata
del suo viso, tra i capelli biondi, il piccolo broncio timido, è stata quella
di volerlo ritrarre. Colin è pieno di vita, pronta ad esplodere da un momento
all’altro e quando succederà desidererei intingere il pennello di setole provenienti
dal mantello morbido degli andalusi di Bullifinch per tracciare sulla tela i
tratti delicati dei suoi lineamenti. Non capisco perché Donna pensasse che
fossi la persona più adatta per incontrare il bambino e, come ha detto lei, per
sottoporlo ad un primo test sociologico: rapportarsi a persone nuove. Non sono
propriamente una donna amabile o con istinto materno. L’unico motivo che mi
spingerebbe a mettere al mondo un altro essere umano sarebbe l’esigenza di
continuità, l’inconscio desiderio di proiettare una parte di me in un futuro
remoto.
Miss Winter non smette mai di stupirmi, rivelando ogni
giorno una sfaccettatura di sé che non avrei mai immaginato possedesse. Abbiamo
pressoché la stessa età anagrafica e pensavo fossimo abbastanza simili per certi
aspetti. L’estrazione sociale, l’attrazione verso il potere, un amore
incondizionato per l’arte, sono solo alcune delle cose che ci accomunano. Ma la
sua decisione di adottare Colin mi ha lasciata di stucco, evidenziando quali
siano le differenze tra noi, più che le somiglianze. Io non mi sarei mai
prodigata per un orfanello capitato per caso nella mia vita, non avrei sentito
alcuna responsabilità verso di lui. Lei invece sì e sembra tenerci, fa di tutto
per non scontentarlo, è premurosa, dolce, attenta ai suoi bisogni. Un
atteggiamento che ha con tutti d’altronde. Colin si affida a lei con estrema
fiducia, un po’ come fanno gli altri, come ho fatto io stessa e come rifarei
ogni volta che mi sentissi in difficoltà, se non ci fosse il mio orgoglio a
frenarmi il più delle volte.
Oggi mi è arrivato il suo invito ad una cena inaugurale
nella sua nuova casa ad Horyzon. Sono estremamente curiosa sull’arredamento e sulla
posizione scelta per l’appartamento. Vorrei regalarle qualcosa che possa
adattarsi a qualsiasi ambiente e mi sono già messa in contatto con uno scultore
di Berishan incontrato alcuni anni fa a New London, quando ancora frequentavo
il Cabaret 2000. Mi manca il fermento artistico di quel periodo. Da allora sono
diventata molto più brava. Ho impiegato circa 15 anni per formare quel talento
artistico che naturalmente mi mancava. Ma ormai so di possedere una conoscenza
ed un tocco in grado di creare opere degne di essere chiamate tali. Ho sudato
per questo, altri, come Ming, hanno semplicemente sfruttato il dono che la
natura ha posto in loro. Sono certa che questo mi rende un’artista più
soddisfatta di qualsiasi altro non abbia dovuto sacrificare se stesso e
sopportare innumerevoli fallimenti prima di giungere ad una completezza e una coscienza necessarie.
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